Muoversi 4 2021
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L’OMBRA DEL CARO-ENERGIA SUL VERTICE G20 DI ROMA

L’OMBRA DEL CARO-ENERGIA SUL VERTICE G20 DI ROMA

di Luca Tabasso

Luca Tabasso

Vice caposervizio Quotidiano Energia

L’esito della conferenza mondiale sul clima “Cop26”, in programma dal 1° al 12 novembre a Glasgow, sarà probabilmente deciso a Roma, quando tra il 30 e 31 ottobre i Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G20 – responsabili di circa il 75% delle emissioni globali di gas-serra – cercheranno di sciogliere i nodi rimasti ancora insoluti.

Nella riunione dedicata al clima e all’energia svoltasi lo scorso luglio a Napoli, infatti, i Ministri delle 20 maggiori economie mondiali hanno trovato un faticoso accordo su molti punti comuni da portare alla “Cop26”, ma non sulle spinose questioni del phase-out del carbone e dell’accelerazione dell’Accordo di Parigi

Un’intesa è stata trovata su 58 dei 60 punti inclusi dalla presidenza italiana nel comunicato finale della giornata dedicata a “Clima” ed “Energia”, lasciando fuori “Accelerare sulla decarbonizzazione nei prossimi 10 anni, definendo una data per il phase out dal carbone” e “interrompere a livello internazionale i finanziamenti pubblici per la produzione di energia dal carbone ed eliminare i sussidi ai combustibili fossili inefficienti”. In sostanza, i Paesi hanno confermato gli impegni presi a Parigi, ma non hanno voluto accrescere la loro ambizione fissando scadenze precise per carbone e sussidi.

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a cui era affidata la presidenza del G20 di Napoli, ha citato la Cina (assieme a India e Russia) tra i cinque Stati che si sono opposti a una maggiore ambizione. Anche se Pechino ha annunciato nei giorni scorsi il suo impegno ad interrompere la costruzione di nuove centrali a carbone in Paesi terzi, ma non in casa sua

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a cui era affidata la presidenza del G20 di Napoli, ha citato la Cina (assieme a India e Russia) tra i cinque Stati che si sono opposti a una maggiore ambizione. Anche se Pechino ha annunciato nei giorni scorsi il suo impegno ad interrompere la costruzione di nuove centrali a carbone in Paesi terzi, ma non in casa sua.

Di qui l’azione di Stati Uniti e UE nei confronti delle nazioni recalcitranti in vista della “Cop26” di Glasgow. “Gli obiettivi fissati dal presidente Xi per la Cina sono incoraggianti, ma invitiamo le autorità cinesi a precisare in che modo il Paese li raggiungerà”, ha affermato il 15 settembre nel discorso sullo stato dell’Unione la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Il vertice napoletano ha comunque indicato la strada che le grandi economie dovranno intraprendere per accelerare la transizione: rinnovabili offshore, comunità energetiche, produzione di idrogeno per i settori “hard-to-abate” e cattura, stoccaggio e utilizzo della CO2 (CCUS). Oltre a queste tecnologie – le poche su cui sono state inserite indicazioni dettagliate nel comunicato finale del vertice – figurano politiche organizzative ed economiche: i rappresentanti del G20 ritengono che per centrare l’obiettivo della transizione si debba investire sulla digitalizzazione e sicurezza informatica, sulla parità e la diversità di genere nelle imprese e nelle istituzioni che si occupano di energia, sulle partnership pubblico-privato e sul sostegno delle banche di sviluppo multilaterali, come la Banca europea degli investimenti.

Le conclusioni si articolano in cinque capitoli: “Lotta al cambiamento climatico”, “Accelerazione dell’uso di energia pulita”, “Allineamento dei flussi finanziari agli Accordi di Parigi”, “Ripresa sostenibile e inclusiva e opportunità derivanti dalle innovazioni tecnologiche per l’energia”, “Città intelligenti, resilienti e sostenibili”.

In particolare, il documento fornisce indicazioni per lo sviluppo di idrogeno e ammoniaca e della CCUS, riconoscendo che “finché i combustibili fossili avranno un ruolo significativo nel mix energetico” ci sarà bisogno di investimenti nel settore, mentre per il nucleare si riafferma “la presenza nell’energy mix” pur rispettando i più alti standard per il controllo e la sicurezza.

A Roma, insomma, si dovrà arrivare a una difficile quadratura del cerchio, completando il programma proposto a Napoli ma, allo stesso tempo, garantendo una transizione graduale che convinca tutti i Paesi e scongiuri impatti traumatici per i consumatori. In questo senso, per evitare che il caro-energia diventi un fenomeno strutturale, i Governi dovranno intervenire sia sull’offerta (stimolando gli investimenti) che sulla domanda (con sovvenzioni e interventi fiscali) di fonti a emissioni basse o nulle. Limitarsi a penalizzare i combustibili fossili con tasse e divieti, infatti, avrà l’inevitabile effetto di aumentare i prezzi

Dal punto di vista economico, si ipotizzano politiche fiscali ad hoc per gli investimenti in R&S e si conferma l’impegno a destinare 100 miliardi di dollari all’anno al 2025 ai Paesi in via di sviluppo per mitigare gli effetti sul clima.

La discussione si sposta ora al summit di Roma, che conterà sulla presenza dei membri del G20, di alcuni Paesi invitati e dei rappresentanti delle principali organizzazioni internazionali e regionali.

A fine ottobre, tuttavia, i Capi di Stato e di Governo dovranno fare i conti anche con il caro-energia, che sta avendo un pesante impatto in Europa come nel resto del mondo. Se nel Vecchio Continente molti Governi hanno attuato o stanno studiando misure per alleviare gli effetti sui consumatori e il tema è al centro dell’attenzione della UE, la stessa Cina è in queste settimane alle prese con una grave crisi dovuta a una serie di fattori concomitanti che si sono aggiunti agli aumenti delle quotazioni energetiche internazionali: carenze negli approvvigionamenti di carbone, temperature particolarmente rigide, inasprimento dei limiti alle emissioni che ha costretto le autorità regionali a fermare le centrali più inquinanti.

E proprio mentre la crisi ha indotto Nomura a tagliare la stima sulla crescita del Pil cinese nel 2021 dall’8,2 al 7,7%, bisognerà convincere Pechino a fare di più per il clima, dato che il colosso asiatico è di gran lunga il maggiore emettitore mondiale di CO2 (30,3% del totale, contro il 13,4% degli Usa, l’8,7% della Ue+UK, il 6,8% dell’India e il 4,7% della Russia, secondo i dati 2019 del Jrc della Commissione europea).

A Roma, insomma, si dovrà arrivare a una difficile quadratura del cerchio, completando il programma proposto a Napoli ma, allo stesso tempo, garantendo una transizione graduale che convinca tutti i Paesi e scongiuri impatti traumatici per i consumatori.

In questo senso, per evitare che il caro-energia diventi un fenomeno strutturale, i Governi dovranno intervenire sia sull’offerta (stimolando gli investimenti) che sulla domanda (con sovvenzioni e interventi fiscali) di fonti a emissioni basse o nulle. Limitarsi a penalizzare i combustibili fossili con tasse e divieti, infatti, avrà l’inevitabile effetto di aumentare i prezzi.