Muoversi 2 2023
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ASSORBIRE CO2 NEL CEMENTO: PROMETTENTI SPERIMENTAZIONI IN CORSO

ASSORBIRE CO2 NEL CEMENTO: PROMETTENTI SPERIMENTAZIONI  IN CORSO

Un recente studio coordinato dal MIT di Boston ha dimostrato come sia possibile ridurre l’impronta carbonica del cemento catturando la CO2 nel cemento stesso, dando origine a quello che è stato definito “calcestruzzo multifunzionale”. Ma non è la sola sperimentazione in questo senso.

Riduzione delle emissioni di CO e immagazzinamento o utilizzo di quote di CO2 già emesse sono due aspetti dello stesso processo di contenimento dell’impatto inquinante e climalterante di tante attività e filiere.
Uno degli ambiti più coinvolti è quello delle costruzioni, con specifico riferimento al cemento, che è uno dei materiali più usati al mondo e con più impatto sulle emissioni.
Un gruppo di ricercatori – coordinato da Admir Masic e Franz-Josef Ulm del MIT di Boston – ha pubblicato sulla rivista statunitense PNAS Nexus i risultati di uno studio su nuovi modi di gestire la carbonatazione, un processo chimico già noto che permette di assorbire la CO2 nel cemento, legandola chimicamente, anche se finora con il rischio di indebolire la qualità del prodotto finale. Inserendo nella miscelazione che serve a produrre il cemento anche un quantitativo di bicarbonato i ricercatori hanno invece verificato che la tenuta finale del cemento non viene modificata. Entrando un po’ più nel tecnico, la produzione di cemento comporta il rilancio di grandi quantità di carbonio, sia come effetto delle quantità di energia necessarie (cosa gestibile incrementando l’uso di fonti energetiche non fossili) sia come impatto delle lavorazioni chimiche: la miscelazione ad altissime temperature di carbonato di calcio e argilla produce infatti silicati di calcio e anidride carbonica dispersi in atmosfera. Quando si arriva poi, per arrivare alla produzione di calcestruzzo, all’aggiunta di acqua, sabbia e ghiaia – vista la caratteristica fortemente alcalina di questa miscela – è possibile catturare CO2 nel prodotto finale. Ma fino ad oggi, come già ricordato, non erano state superate le controindicazioni relative alla qualità e resistenza del materiale. Ecco perché i risultati della ricerca del MIT – al netto della necessità di verificare gli impatti nel lungo termine – aprono prospettive nuove molto promettenti, con stime di abbattere fino al 15% delle emissioni di CO2 grazie a quello che uno dei ricercatori, Masic, ha definito “calcestruzzo multifunzionale”

Un’altra sperimentazione è quella della start up californiana Heirloom Carbon Technologies, che riscalda ad alte temperature il calcare macinato per far sì che si rompa e rilasci anidride carbonica pura, facilmente catturabile, producendo minerali ossidi altamente reattivi, che si legano facilmente alla CO2 e che vengono esposti all’aria proprio per assorbirla, agendo come delle spugne, per poi trasformarsi in carbonato di calcio, il componente principale del calcare. E così il processo ricomincia, con nuova rottura del calcare, cattura della CO2 e così via, fino circa 10 ripetizioni. La CO2 così immagazzinata viene poi invita ad una azienda canadese, la CarbonCure Technologies, che la trasforma in un materiale che rafforza il calcestruzzo, riducendo la necessità di cemento (che serve proprio a rendere il calcestruzzo più solido). C’è infine anche un progetto italiano (Cleanker – Clean clinKer production by calcium looping process), in corso di sviluppo grazie ai fondi del programma Horizon 2020, nell’ambito dell’impianto di produzione del cemento di Vernasca del gruppo Buzzi Unicem. Il processo punta a catturare fino al 90% della CO2 prodotta durante la realizzazione di cemento, utilizzando componenti e materiali già presenti nelle lavorazioni dei cementifici, permettendo di trasformare il calore necessario in energia elettrica e potendo arrivare ad un sistema di emissioni nette negative grazie all’uso di low carbon fuels.