Muoversi 2 2023
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I VANTAGGI DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

I VANTAGGI DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE   

di Alessandro Lanza

Alessandro Lanza

Fondazione Eni Enrico Mattei e Università Luiss

È l’esordio di una nuova era industriale: l’era della produzione di “tecnologie energetiche pulite” che hanno l’ambizione di condurre ad un mondo a zero emissioni.

I Paesi di tutto il mondo stanno intensificando gli sforzi per espandere la produzione di “tecnologie pulite” con l’intento di far progredire le transizioni net-zero, rafforzare la sicurezza energetica e competere, ognuno con punti di partenza e forza diversa, nella nuova economia energetica globale.

I punti di partenza: ognuno ha il suo e ognuno a modo suo.

Il passaggio a sistemi energetici sostenibili è una sfida globale che coinvolge una moltitudine di decisioni prese a livello nazionale e locale. Non tutti i Paesi partono dalla stessa posizione e non tutti i Paesi possono o vogliono cercare le stesse soluzioni.

Ciò dipende dalla struttura della propria economia, dal proprio mix energetico, dalla propria struttura di governance e da fattori come il clima e la geografia.

Ogni Paese ha un punto di partenza diverso e punti di forza differenti. Le strategie, quindi, non possono che essere specifiche per ogni singolo Paese. L’UE, ad esempio, coltiva le sue ambizioni di produzione di energia pulita ma si scontra con la dipendenza dalle importazioni di materiali critici. Basta pensare che l’Europa è responsabile di oltre un quarto della produzione globale di veicoli elettrici ma ospita pochissimi dei materiali che li alimentano.

Come si posiziona l’Europa in questo nuovo scacchiere internazionale? Quali sono le nuove alleanze commerciali? Quali le opportunità da cogliere e i rischi da mitigare?

La supply chain della green energy, sia per quanto riguarda la produzione delle tecnologie che per i materiali su cui si basa, è una catena fortemente concentrata: la Cina domina nella produzione e nel commercio della maggior parte delle tecnologie e delle materie prime. Per le tecnologie prodotte in serie come eolico, batterie, elettrolizzatori, pannelli solari e pompe di calore, i tre principali Paesi produttori rappresentano almeno il 70% della capacità produttiva globale per ciascuna tecnologia, con la Cina dominante in tutti. La distribuzione geografica dell’estrazione di minerali critici è strettamente connessa alle dotazioni di risorse che ciascun Paese ha (o non ha) e gran parte di essa è molto concentrata. Ad esempio, la Repubblica Democratica del Congo da sola produce il 70% del cobalto mondiale e solo tre Paesi rappresentano oltre il 90% della produzione globale di litio.

La concentrazione, in qualsiasi punto lungo una catena di approvvigionamento sia presente, rende l'intera catena vulnerabile agli incidenti, siano essi legati alle scelte politiche di un singolo Paese, ai disastri naturali, ai guasti tecnici o alle decisioni aziendali

La concentrazione, in qualsiasi punto lungo una catena di approvvigionamento sia presente, rende l’intera catena vulnerabile agli incidenti, siano essi legati alle scelte politiche di un singolo Paese, ai disastri naturali, ai guasti tecnici o alle decisioni aziendali.

Oggi il mondo sta già vedendo i rischi di catene di approvvigionamento strette: gli effetti della guerra russo-ucraina si sono fatti sentire acutamente per il ruolo che il gas russo ha nella fornitura di energia.

E cosa fare se anche la catena di approvvigionamento per la transizione all’energia pulita pone l’Occidente e l’Europa in particolare in una posizione di estrema vulnerabilità?

Le principali economie stanno agendo per combinare in maniera efficiente le loro politiche climatiche, di sicurezza energetica e industriali.

L’Inflation Reduction Act (IRA) negli Stati Uniti è un chiaro passo in questa direzione. Difatti l’IRA, approvato nell’agosto 2022 dal Presidente Biden, diversamente da ciò che il nome del disegno di legge farebbe pensare, riguarda l’inflazione solo fino ad un certo punto. Si tratta più propriamente di una scommessa strategica e finanziaria sulla centralità del sistema manifatturiero americano nella transizione verso le energie pulite. Una possente leva statale volta a sostenere le imprese statunitensi nella sfida energetica e attirare investimenti in suolo americano: quasi 400 miliardi di dollari di investimenti, ripartiti tra (250,6) energy, (47,7) manufacturing, (46,4) environment, (23,4) transportation and electric vehicles, (20,9) agriculture e (4,7) water.  La manovra mira a ricostruire un apparato industriale che possa fronteggiare le sfide di questa fase storica: una singola risposta che ottemperi alle esigenze congiunte di produzione nazionale, sicurezza energetica e continuità degli approvvigionamenti.

In Europa, le misure decise dal governo di Washington hanno provocato forti preoccupazioni: il timore è che gli incentivi spiazzino l’industria europea, dirottando investimenti destinati all’Europa oltre oceano.

Difatti, gran parte dei crediti di imposta sono vincolati all’utilizzo di materiali statunitensi o di Paesi che hanno un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, nonché all’apertura di stabilimenti sul suolo americano. A titolo di esempio, si potrebbe pensare allo sconto di 7.500 dollari per l’acquisto di automobili elettriche, concesso solo se una certa percentuale dei materiali critici utilizzati per le batterie e il loro assemblaggio arrivano dall’America o paese aderente all’Accordo di libero scambio (Canada e Messico). L’IRA va letto assieme ad altre due misure introdotte a partire dal 2021: la Bipartisan Infrastructure Law (BIL), che promuovere investimenti per modernizzare il sistema infrastrutturale statunitense e, in secondo luogo, il Chips&Science Act, finalizzato ad aumentare il peso americano nella delicata e senz’altro strategica catena dei semiconduttori.

Queste misure potrebbero essere contestate dall’Europa per violazione delle norme sull’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (Accordo SCM) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) ma l’Europa, ad oggi, non ha perseguito questa strada.

Sul piano normativo, una prima reazione europea all’Inflation Reduction Act ha portato alla presentazione da parte della Commissione, nel gennaio 2023, della proposta del Green Deal Industrial Plan. Il piano si fonda su quattro pilastri: la creazione di un contesto normativo prevedibile e semplificato, un accesso più rapido ai finanziamenti, il miglioramento delle competenze e la creazione di un commercio aperto per catene di approvvigionamento resilienti. Seguendo gli stessi principi, la Commissione europea ha annunciato il Net-Zero Industry Act, il Critical Raw Materials Act e la Electricity Market Design Reform.

La normativa sull’industria a zero emissioni nette stabilisce un quadro europeo chiaro per ridurre la dipendenza dell’UE da importazioni altamente concentrate: le tecnologie strategiche a zero emissioni nette   riceveranno un sostegno particolare e sono soggette al criterio del 40 % di produzione interna.

Anche se i Paesi costruiscono le loro capacità interne e rafforzano i loro posti nella nuova economia energetica globale, rimangono enormi guadagni da ottenere dalla cooperazione internazionale come parte degli sforzi per costruire una base resiliente per le industrie di domani

Il Critical Raw Materials Act punta a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche per l’industria europea e a ridurre notevolmente la dipendenza dell’UE dalle importazioni da singoli paesi fornitori. La normativa individua un elenco di materie prime critiche e un elenco di materie prime strategiche essenziali per le tecnologie per la transizione verde e digitale, nonché per la difesa e lo spazio. Stabilisce inoltre parametri di riferimento per le capacità nazionali lungo la catena di approvvigionamento strategica delle materie prime da raggiungere entro il 2030:

• almeno il 10% del consumo annuo dell’UE con l’estrazione;

• almeno il 40 % del consumo annuo dell’UE con la trasformazione;

• almeno il 15 % del consumo annuo dell’UE con il riciclaggio;

• un massimo del 65 % del consumo annuo dell’Unione di ciascuna materia prima strategica in qualsiasi fase pertinente della trasformazione può provenire da un unico paese terzo.

Gli Stati membri dovranno inoltre sviluppare programmi nazionali per l’esplorazione delle risorse geologiche. Al fine di garantire la resilienza delle catene di approvvigionamento la normativa prevede il monitoraggio delle catene di approvvigionamento delle materie prime critiche e il coordinamento delle scorte di materie prime strategiche tra gli Stati membri. Alcune grandi imprese dovranno effettuare un audit delle loro catene di approvvigionamento di materie prime strategiche.

La Commissione, con l’Electricity Market Design Reform, infine propone di riformare l’assetto del mercato dell’energia elettrica dell’UE per dare una spinta alle rinnovabili (la quota di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili – prevalentemente solare ed eolica – dovrebbe crescere dal 37% nel 2020 a oltre il 60% entro il 2030), rafforzare la tutela dei consumatori e promuovere la competitività industriale. La riforma proposta prevede misure tese ad incentivare i contratti a più lungo termine con produttori di energia non fossile e ad apportare al sistema soluzioni flessibili più pulite in concorrenza col gas, come la gestione della domanda e lo stoccaggio. La proposta prevede anche la revisione delle norme sulla condivisione delle energie rinnovabili: i consumatori potranno investire in parchi eolici o solari e vendere ai vicini – e non solo ai fornitori – l’elettricità in eccesso generata da impianti solari su tetto.

Anche se i Paesi costruiscono le loro capacità interne e rafforzano i loro posti nella nuova economia energetica globale, rimangono enormi guadagni da ottenere dalla cooperazione internazionale come parte degli sforzi per costruire una base resiliente per le industrie di domani.

Il commercio internazionale è vitale per la transizione energetica ma l’Europa deve aumentare la diversità dei fornitori.