Muoversi 4 2021
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SE VUOLE CONTARE ANCORA, L’EUROPA NON PUÒ TRASCURARE LE DINAMICHE GEOPOLITICHE

SE VUOLE CONTARE ANCORA, L’EUROPA NON PUÒ TRASCURARE LE DINAMICHE GEOPOLITICHE

di Pier Paolo Raimondi

Pier Paolo Raimondi

Ricercatore dell’Istituto Affari Internazionali e della Fondazione Eni Enrico Mattei

Svelando il suo ambizioso pacchetto “Fit for 55”, la UE si pone nuovamente come apripista nell’ambito delle politiche climatiche essendo il primo attore mondiale a tradurre la propria ambizione in materia di clima e energia in proposte concrete. Il pacchetto mostra come la Commissione intenda accelerare il processo di decarbonizzazione nel prossimo decennio, grazie ad un approccio trasversale a molteplici settori economici. Approccio che si rende necessario per ridurre le emissioni europee del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e porsi nelle condizioni migliori per raggiungere la neutralità carbonica nel 2050. Il pacchetto contiene sia un rafforzamento di politiche e target già esistenti (es. target rinnovabili e efficienza energetica), che nuove ed importanti proposte (es. standard emissioni CO2 per i veicoli leggeri e CBAM). Una volta approvato dopo un iter legislativo che non sarà breve, il pacchetto “Fit for 55” contribuirà ad una profonda trasformazione economica, industriale, energetica e dell’intera società europea. La decarbonizzazione trasformerà anche le dinamiche geopolitiche nel medio e lungo periodo con l’emergere di nuove dipendenze e lo scemare di altre. Dunque, la UE non dovrebbe trascurare la dimensione internazionale dei propri piani di decarbonizzazione al fine di prepararsi a potenziali sfide e cogliere le opportunità. Tale approccio è quantomeno consigliabile se si considera l’ambizione dichiarata della Presidente von der Leyen di guidare una “Commissione geopolitica”.

In tal senso, il clima e le politiche volte alla decarbonizzazione certamente rappresentano per l’Europa un’opportunità, ma anche un rischio, di modificare gli attuali equilibri internazionali. Le politiche climatiche sono diventate un terreno di scontro della competizione globale, specialmente tra Stati Uniti e Cina. Anche se su questo tema si è raggiunto un largo consenso a livello mondiale e un approccio di cooperazione e multilateralismo è necessario, le politiche climatiche presentano anche l’occasione per i paesi di guadagnare, preservare e ampliare i propri vantaggi competitivi in settori chiave al fine di posizionarsi come leader tecnologici-industriali, economici e politici dei prossimi decenni. Basti pensare alla proposta contenuta nel “Fit for 55” di ridurre le emissioni di CO2 delle nuove macchine del 55% entro il 2030 e del 100% al 2035 – seppur con alcuni importanti caveat per i produttori. La logica della misura è quella di assicurare la piena decarbonizzazione del trasporto su strada al 2050, dando il tempo sufficiente ai produttori di convertire all’elettrico le loro flotte.

Anche se su questo tema si è raggiunto un largo consenso a livello mondiale e un approccio di cooperazione e multilateralismo è necessario, le politiche climatiche presentano anche l’occasione per i paesi di guadagnare, preservare e ampliare i propri vantaggi competitivi in settori chiave al fine di posizionarsi come leader tecnologici-industriali, economici e politici dei prossimi decenni

L’Europa è tra i maggiori produttori mondiali di veicoli a motore e gode di una leadership tecnologica in questo settore. Ad oggi, l’industria automobilistica europea rappresenta oltre il 7% del PIL della UE e garantisce 14,6 milioni posti di lavoro. Senza una reale politica industriale e estera volta alla decarbonizzazione, rischia di perdere il proprio vantaggio competitivo industriale e peso politico nei confronti di altri attori, in particolare la Cina. È proprio riguardo a Pechino che dovrebbe considerare i rischi di scivolare verso un’eccessiva dipendenza e vulnerabilità, riducendo la competitività economica e tecnologica europea.

Negli ultimi anni, la Cina è emersa come chiaro leader in settori chiave per la decarbonizzazione, grazie alla propria progettualità politica e ad ingenti aiuti statali. Ad oggi, la Cina produce tre quarti dei pannelli fotovoltaici mondiali, controlla oltre un terzo del mercato mondiale di turbine eoliche e domina la produzione di batterie elettriche. Pechino considera le politiche climatiche l’occasione per dominare le tecnologie verdi di domani ed attestarsi come potenza tecnologica mondiale. Questa ambizione l’ha dichiarata in diverse strategie, come per esempio la “Made in China 2025”, con cui punta a divenire leader mondiale nel campo tecnologico.

Le case automobilistiche europee stanno cercando di riconvertire la propria flotta con nuovi modelli elettrici. Tuttavia, rischiano di vedere eroso il proprio vantaggio a favore dei produttori cinesi. Inoltre, negli ultimi anni si è verificato un aumento delle esportazioni di macchine elettriche cinesi nel mondo. Questo ha permesso ai produttori cinesi di iniziare a dominare il mercato dei veicoli elettrici, causando una drastica riduzione di prezzi e spingendo fuori dal mercato diversi produttori tra cui anche quelli europei. E lo stesso scenario potrebbe avvenire anche per quanto riguarda l’industria eolica, dove l’Europa è leader globale sia per installazioni presenti che per tecnologia produttiva, ma messa in discussione dalla forte ascesa cinese. Se così fosse, si riproporrebbe ciò che è accaduto con l’industria dei pannelli solari: inizialmente sviluppata in Germania grazie alle significative sovvenzioni statali per poi veder trasferito il polo centrale della produzione mondiale in Cina grazie alle politiche industriali, finanziamenti statali ed ai mercati di larga scala.

La Cina domina anche le risorse naturali necessarie alla produzione di tecnologie verdi essendo uno dei principali produttori di materiali rari. Se poi si considera anche il settore downstream, quali operazioni di lavorazione, raffinazione e produzione industriale collegata, il ruolo cinese diventa ancor più rilevante. La Cina raffina circa il 35% del nickel totale, il 50-70% di litio e cobalto e circa il 90% delle terre rare. Tale dominio, le ha permesso di diventare il centro nevralgico mondiale di questi minerali: per esempio, rispettivamente l’80% e il 98% delle importazioni di terre rare americane ed europee provengono dalla Cina. Inevitabilmente, un aumento delle rinnovabili e di auto elettriche in Europa potrebbe sì ridurre la dipendenza europea dai paesi esportatori di idrocarburi nel lungo periodo, ma creerà ed intensificherà nuove dipendenze. L’Europa dovrebbe attuare politiche volte ad accrescere la propria influenza e ad incentivare la decarbonizzazione in quelle regioni di interesse chiave, come il Nord Africa. Le misure poste dal “Fit for 55” non altereranno significativamente le importazioni di idrocarburi e dunque le dipendenze energetiche con questi paesi nel medio periodo (2030), ma indubbiamente causeranno importanti conseguenze nel lungo periodo (2050). Alcuni di questi paesi sono pilastri importanti della strategia energetica europea attuale e basano la loro stabilità socioeconomica sulle rendite petrolifere. La UE dovrebbe sviluppare partnership bilaterali per accelerare la decarbonizzazione di questi paesi, favorendo la produzione e l’esportazione di rinnovabili ed idrogeno, in modo da garantire un guadagno futuro ai paesi del Vicinato e una stabilità politica. Investendo e favorendo partnership climatiche, l’UE potrebbe evitare il rischio di crescenti tensioni sociopolitiche in questi paesi a causa della riduzione delle rendite petrolifere e contrastare nella regione la crescente influenza economica cinese, ancora affamata di idrocarburi.

L’80% e il 98% delle importazioni di terre rare americane ed europee provengono dalla Cina. Inevitabilmente, un aumento delle rinnovabili e di auto elettriche in Europa potrebbe sì ridurre la dipendenza europea dai paesi esportatori di idrocarburi nel lungo periodo, ma creerà ed intensificherà nuove dipendenze

Senza un reale coinvolgimento attivo degli altri paesi, le politiche climatiche europee si tradurrebbero in un mero concorso di bellezza con l’effetto di perdere competitività e aumentare le vulnerabilità strategiche. Per poter ridurre il rischio di far perdere competitività alle industrie europee a causa dell’espansione dell’ETS e indurre gli altri paesi ad intraprendere la decarbonizzazione, il pacchetto “Fit for 55” propone anche la creazione di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, noto come Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), che impone una tariffa sui prodotti importati in base al loro impatto carbonico. L’Europa dovrebbe utilizzare questo strumento al fine di emergere come “regulatory setter” climatico e rafforzare le proprie relazioni climatiche-strategiche coi paesi allineati agli obiettivi ambientali, in primis gli USA, per accelerare la competizione su questo terreno incentivando altre grandi economie, quali la Cina, ad implementare i propri impegni al fine di raggiungere la decarbonizzazione e garantirsi un peso geopolitico in futuro.